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MARGUERITE DURAS, un corpo a corpo con la letteratura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Marguerite Duras, scrittrice francese che ha legato il suo nome al romanzo autobiografico del 1984 vincitore del prestigioso premio Goucourt,  L’amante. Chi non conosce la Duras, il suo proverbiale cattivo carattere, il suo essere romantica e spregiudicata, appassionata ed eccessiva, commovente e arrogante al tempo stesso?Marguerite Germaine Marie Donnadieu era nata a Saigon nel 1914, dopo aver perso entrambi i genitori era stata mandata in collegio ed era vissuta nell’Indocina francese fino a diciotto anni. Successivamente si era trasferita in Francia per completarvi gli studi di diritto; qui avrebbe sposato lo scrittore Robert Antelme e cambiato il proprio cognome in Duras. Partecipa alla Resistenza e milita nel Partito Comunista Francese da cui sarebbe stata espulsa come dissidente nel 1950. Quando Antelme fu deportato a Dachau, alla sua liberazione, resa possibile grazie all’intervento di Mitterrand,  avrebbe dedicato tutta se stessa e ne Il dolore, ultima interpretazione teatrale di Mariangela Melato, avrebbe spiegato cosa può fare un uomo all’altro uomo. Dopo la liberazione Duras si unisce all’intellettuale Dyonis Mascolo, da cui avrà un figlio. L’esordio in campo letterario avviene con Gli impudenti nel 1942 e Una diga sul Pacifico, in cui la scrittrice racconta il fallimentare tentativo della madre di impiantare una risaia in una palude sul delta del Mekong e che Vittorini definì il più bel romanzo francese del dopoguerra; seguirono numerosi racconti brevi, altri romanzi come Moderato cantabile, diverse sceneggiature per il cinema e per il teatro, celebre quella di Hiroshima mon amour, film diretto da Alain Resnais. Dal romanticismo piuttosto convenzionale delle prime opere, la Duras passa alla sperimentazione e al descrittivismo del Nouveau roman, conseguente alla dissoluzione dei personaggi e della trama. Nelle sue opere emerge il ricordo della sua vita in Indocina, l’interesse per la società coloniale e per i temi della solitudine, dell’incomunicabilità, dell’alienazione. Condusse gli ultimi anni della sua vita sola e relegata in casa, evitando qualsiasi rapporto con gli altri, fino al delirio alcolico e megalomane della vecchiaia e alla morte, avvenuta a Parigi nel 1996. L’amante narra le vicende, in gran parte autobiografiche, della scrittrice nel periodo in cui, adolescente, visse con la madre e i fratelli a Vinh Long, piccolo centro sul fiume  Mekong. La storia è quella dell’incontro tra Marguerite e il figlio di un ricco cinese: un amore proibito per la giovane età della ragazza e per le convenzioni sociali. La relazione tra i due, infatti, osteggiata dal padre del giovane e utilizzata dalla famiglia della ragazza per trovare un po’ di sollievo alla povertà, termina con la partenza dal Vietnam di Marguerite e della sua famiglia. La scrittura è spoglia e disadorna ma allo stesso tempo intensa, arricchita da lunghe digressioni; lo stile privilegia la paratassi per l’utilizzo di principali e coordinate, caratteristica questa che influenza il lettore e spinge chiunque si accosti alla sua scrittura, a scrivere alla Duras. Esiste anche una riscrittura intitolata  L’amante della Cina del Nord, pubblicata in concomitanza con la trasposizione cinematografica del 1992, per la regia di Jean-Jacques Annaud. Sandra Petrignani ha dedicato un romanzo-biografia alla grande scrittrice francese, un ritratto da lontano, afferma nella postfazione, scritto con onestà e abilità senza però aver conosciuto di persona la Duras, per la paura inconscia della delusione e dello scontro con il suo brutto carattere.Marguerite, per i tipi di Neri Pozza, ha attraversato una lunga gestazione durata otto anni proprio per la necessità dell’autrice di porre distanza tra lei e il suo “personaggio”. Non c’è nostalgia in questo libro ma una ricostruzione vera e propria fatta anche di salti temporali, attraverso i quali si tenta di dare risposte e interpretazioni al personaggio Duras e alla crisi della letteratura. È significativo ad esempio analizzare il rapporto della scrittrice con sua madre, chiave per capire il suo caratteraccio e la richiesta esagerata di amore, che la porterà ad avere moltissimi amanti. Anche Del Vecchio Editore in occasione di questo centenario ha proposto un e-book, La minaccia della luce, intervista inedita realizzata dall’amica-biografa Michelle Porte e un volume inedito della Duras dal titolo La ragazza del cinema. Quest’ultimo, con la prefazione della Petrignani, contiene due sceneggiature, Il camion, la cui azione si svolge in una stanza in cui due personaggi, Depardieu e Duras leggono la storia di una donna, che ogni sera si fa dare un passaggio da un camion diverso e racconta la sua storia all’autista  e Agatha, dedicato al rapporto nostalgico e allo stesso tempo carico di tensione tra due fratelli che rievocano le estati da adolescenti. Anche queste opere confermano una volta di più l’acutezza di una grande osservatrice dei comportamenti umani. Una storia quella della Duras fatta di trionfi e di sconfitte, di autenticità e mistificazioni, lotte e ribellioni, slanci appassionati e rimpianti di vecchiaia, quando scriveva “Nessun amore vale l’amore o “Scrivere non insegna altro che a scrivere” che ben si presta alla trasfigurazione letteraria.  «Se non spiazza prima di tutto chi scrive, se non è una rivoluzione permanente, la scrittura non è nulla», sosteneva la Duras e ancora «Poiché sono una scrittrice, non ho storia, o meglio ho delle storie nella scrittura». Ne deriva un ritratto di donna libera, amata e odiata al tempo stesso ma sempre coerente e fedele ai suoi principi.

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